Progettazione

IMPIANTI ELETTRICI IN BASSA TENSIONE

  • Impianti elettrici e le Norme
  • Prese a spina
  • I cavi : Il Regolamento Prodotti da Costruzione (CPR)
  • Tubi protettivi e la posa dei cavi
  • Interruttori magnetotermici
  • Fusibili
  • Relè

Gli impianti elettrici e le Norme

Gli impianti elettrici devono essere progettati e realizzati seguendo precise norme di sicurezza stabilite dal Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI).

La legge 186 del 1968 stabilisce quanto segue:

Art. 1 - Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a «regola d'arte».

Art. 2 - I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme CEI si considerano costruiti a «regola d'arte».

Il CEI è costituito da un numero considerevole di esperti, studiosi progettisti e ricercatori divisi in sottocomitati specializzati nei vari settori dell'elettrotecnica, dell'elettronica e dell'impiantistica. Ciascun sottocomitato è distinto da un numero che compare a designare le relative norme. Il sottocomitato che si occupa delle norme riguardanti gli impianti elettrici utilizzatori a tensione non superiore a 1000 V è:    SC 64     (sottocomitato N° 64),
Le norme che interessano maggiormente «l'installatore di apparecchiature elettriche ed elettroniche» sono designate con il numero 64.

Altri enti che emettono norme in campo elettrotecnico, elettronico e impiantistico sono:
IEC (International Electrotechnical Commission) che ha il compito di preparare norme utilizzabili direttamente nei 64 Paesi membri, nei quali è compresa la totalità delle Nazioni industrializzate.
CENELEC (European Committee for electrotechnical Standardisation) che ha il compito di preparare norme integrando le norme IEC e coordinando il lavoro dei comitati normativi nazionali dei Paesi membri (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Austria, Finlandia, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera).
Le norme Cenelec devono, obbligatoriamente, essere inserite nella normativa nazionale, pertanto, ogni norma CENELEC diventa anche norma CE!. Non è obbligatorio invece che le norme IEC entrino nelle norme nazionali.
I comitati nazionali dei vari paesi e il Cenelec assumono comunque le norme IEC come base per la stesura di nuove norme. In mancanza di norme nazionali, le norme IEC rappresentano una guida per eseguire l'impianto «a regola d'arte» come richiesto dalla legge 186.
Il D.P.R. (Decreto Presidente della Repubblica) n° 547 del 27 aprile 1955 riguarda la prevenzione degli infortuni sul lavoro nei luoghi con lavoratori subordinati (persona che, fuori dal proprio domicilio, svolge il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un'arte, una professione, ecc).  
Il D.P.R. 547 costituisce un punto di riferi¬mento fondamentale per il progettista elettrico che ha il dovere di conoscere e applicare le norme riguardanti gli impianti, le macchine e le apparecchiature elettriche contenute nel D.P.R.
Il  D.P.R. si divide in 12 titoli riguardanti i vari aspetti della «prevenzione infortuni sul lavoro». Il titolo che interessa maggiormente l’installatore elettrico è:
Titolo VII - Impianti, macchine ed apparecchi elettrici.
È bene sottolineare che, in caso di non osservanza del D.P.R. 547, sono previste, per gli inadempienti, ammende, trattandosi di reati contravvenzionali perseguibili in sede penale.
Tutto il materiale elettrico (conduttori, tubi protettivi, prese, fusibili, ecc.) deve rispondere determinati requisiti di sicurezza e di funzionalità stabiliti dalle norme CEI

L'istituto Italiano del Marchio di Qualità IMQ ha il compito di sottoporre il materiale elettrico ad una serie di controlli tecnici atti a provarne la buona qualità e a garantire la sicurezza di impiego nelle condizioni previste dalle  norme CEI
Il contrassegno dell' «istituto italiano del marchio di qualità

Gli interruttori, le prese e le altre apparecchiature devono essere armonizzati con l'arredamento ed avere un aspetto elegante garantendo comunque sempre la massima funzionalità e sicurezza 

Dal punto di vista della progettazione e dell'installazione, l'impianto sotto traccia prevede le seguenti fasi:
1. disposizione delle apparecchiature elettriche sulla planimetria dell'abitazione (o ufficio o scuola) secondo le indicazioni del proprietario o degli utenti dell'impianto;

2. studio della configurazione delle tubazioni lungo le pareti;

3. tracciatura dei muri;

4. esecuzione delle scanalature;

5. posa dei tubi e delle scatole

6. chiusura delle scanalature;

7. infilaggio dei conduttori nei tubi protettivi e collegamenti finali agli interruttori, deviatori, relè, lampade, ecc.
Negli impianti con canalette in vista vengono eliminate le fasi 4) e 6) (esecuzione e chiusura delle scanalature) con notevole riduzione del lavoro, e, soprattutto, con la possibilità di modificare facilmente l'impianto anche a opere murarie terminate.
Gli impianti sotto traccia sono attualmente i più diffusi negli edifici destinati ad abitazioni, ma nel futuro si prevede un allacciamento dagli impianti  con canalette in vista sia per i vantaggi che tale tipo di impianto comporta  ( niente scanalature  e facilità di modifiche  e ampliamenti ) sia per il continuo miglioramento del “disegn”.

Negli ambienti rustici  le esigenze estetiche passano in secondo piano  e pertanto l’impianto viene realizzato  a vista con tubi o canalette.  Spesso la presenza di umidità (cantine) e di polvere impone l'adozione di materiali con grado di protezione adeguato e l'impianto assume un aspetto intermedio fra quello tipo civile e quello tipo industriale.

Negli ambienti industriali il numero e la potenza delle macchine installate è tale da richiedere conduttori di sezione elevata che mal si prestano alla posa incassata; la presenza di polvere (esempio falegnamerie), umidità (esempio miniere), e di sostanze corrosive (esempio industrie chimiche), impongono l'adozione di materiali con grado di protezione elevato e che rispondono a norme particolari.

La sicurezza per le persone e per l'impianto e la possibilità di poter effettuare facilmente modifiche, ampliamenti e riparazioni, impone la scelta dell'impianto a vista in tubi o in canalette .

L'impianto in figura  con canali sospesi al soffitto, consente l'alimentazione delle macchine dall'alto e una facile installazione delle lampade. Non sorgono problemi per l'alimentazione delle macchine lontane dalle pareti, ed è molto semplice modificare l'impianto, per esempio per l'installazione di una nuova macchina.

L'impianto con canali a pavimento presuppone che la fabbrica sia a piano terra o che le solette siano di spessore tale da consentire la posa dei canali; rispetto all'impianto con canali sospesi, presenta la necessità di predisporre condutture vincolate al soffitto o alle pareti per l'impianto d'illuminazione.

Sia l'impianto con canali sospesi che quello con condotti ricavati nel pavimento, presentano una buona flessibilità e sono adatti per l'alimentazione di molte macchine anche di grossa potenza.

Prese a spina

Le prese a spina hanno la funzione di consentire il rapido allacciamento di elettrodomestici (prese per usi domestici) e di macchine elettriche (prese industriali) realizzando il sezionamento cioè la separazione visibile fra utilizzatore e alimentazione

La denominazione reversibile e irreversiileb riguarda la simmetria degli alveoli: se gli alveoli sono simmetrici (allineati) i poli della spina possono essere scambiati, se gli alveoli sono asimmetrici non è possibile scambiare i poli (presa «polarizzata»).

I dati caratteristici di una presa sono:
- la tensione nominale
- la corrente nominale
- il grado di protezione
- la natura della corrente (alternata, continua)
- il numero di poli; 

I Cavi

REGOLAMENTO PRODOTTI DA COSTRUZIONE UE 305/11

NUOVE DESIGNAZIONI DEI CAVI CPR
La nuova norma CPR prevede che la scelta del cavo da installare venga effettuata in funzione del livello di rischio dell’ambiente di installazione.
La tabella riporta le nuove designazioni dei cavi CPR in funzione dell’ambiente di installazione

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I tubi protettivi e la posa dei cavi

I cavi di un impianto elettrico possono essere posati in vari modi a seconda del tipo di impianto e dell'ambiente d'installazione 
La posa in vista con cavo aggraffato a parete o sospeso a fune senza tubo protettivo presuppone l'impiego di cavi con guaina e possibilmente armati con nastri d'acciaio per resistere a eventuali sollecitazioni meccaniche. Tale tipo di posa trova impiego nelle miniere ed in impianti agricoli.
La posa in vista con cavi entro tubi protettivi rigidi fissi a parete trova largo impiego in tutti gli ambienti industriali e in magazzini, cantine,solai, ecc.
Il tubo protettivo rigido viene realizzato con materiale isolante termoplastico in due tipi fondamentali:
-tipo pesante, nome commerciale RK15 e TEST;
-tipo leggero, nome commerciale RK9 e RK35;
entrambi i tipi (RK15 e RK9) presentano particolari caratteristiche di resistenza alla fiamma, alla temperatura, alla curvatura (possono essere piegati con l'uso di particolari pinze piega tubo ). 

Interruttori magnetotermici e fusibili

L'impianto elettrico deve essere protetto dai danni che possono derivare da un possibile corto circuito (contatto accidentale fra due conduttori a diverso potenziale a causa dell'isolante danneggiato), o da un sovraccarico (collegamento contemporaneo di troppi utilizzatori con correnti superiori a quelle che possono portare i cavi).
In entrambi i casi (corto circuito e sovraccarico) i cavi si riscaldano eccessivamente; se non sono presenti adeguate protezioni (interruttori magnetotermici, fusibili) l'aumento anormale di temperatura danneggia l'impianto elettrico e le apparecchiature e può dare origine a incendi e causare quindi danni, alle persone e alle cose, di estrema gravità.
Le Norme CEI 64.8 capitolo VI: «Protezione delle condutture contro le sovracorrenti» e capitolo VII: «Altre protezioni» indicano i criteri da seguire per ottenere la protezione dai sovraccarichi, dai corto circuiti e dagli effetti termici e l'incendio.
I dispositivi impiegati per la protezione dai sovraccarichi e dai corto circuiti sono:
- interruttori automatici magnetotermici,
- fusibili.
Gli interruttori magnetotermici in caso di sovraccarico aprono automaticamente il circuito il un  tempo tanto più breve quanto più è elevata la corrente di sovraccarico, mentre, in caso di corto circuito, aprono automaticamente il circuito in un tempo molto breve dell'ordine di qualche millesimo di secondo. 

I magnetotermici devono essere installati all'inizio dell'impianto (subito a valle del contatore di energia) in  appositi centralini e a monte di ogni presa a spina destinata a un utilizzatore di utenza uguale o superiore a 1 kW.
La figura  rappresenta un interruttore magnetotermico per centralino d'appartamento accoppiato a uno sganciatore differenziale per la protezione dai contatti diretti e indiretti; in caso di sovraccarico o di corto circuito l'interruttore apre automaticamente il circuito, il tasto nero si solleva e il tasto blu rimane abbassato; viceversa. in caso di dispersione a terra, l'interruttore interviene e il tasto blu si solleva (segnalazione di dispersione a terra); in questo modo l'utente dell'impianto, in caso di intervento dell'interruttore, sa immediatamente  se la causa dell’intervento è stata una sovracorrente ( sovraccarico o corto circuito) o una dispersione a terra e può prendere i provvedimenti necessari: staccare alcuni apparecchi  utilizzatori  se la causa è un sovraccarico, rimuovere la causa del  corto circuito , cercare l’apparecchio difettoso che disperde corrente ( cucina elettrica, lavatrice, ecc)   

I Fusibili

I fusibili sono costituti da un tratto di conduttore ( argento – leghe piombo stagno in filo o in piattina) di sezione ridotta, messo in serie al circuito da proteggere, e quindi percorso da tutta la corrente : quando la corrente supera un determinato valore il tratto di conduttore del fusibile raggiunge la temperatura di fusione interrompendo la circolazione.
I fusibili se scelti opportunamente assicurano la protezione dal sovraccarico e dal corto circuito e presentano un costo notevolmente inferiore a quello dei magnetotermici;  in caso di intervento è necessario sostituirei fusibili  bruciati  con l’avvertenza di impiegare sempre ricambi di portata identica a quella precedente : con gli interruttori magnetotermici si può ripristinare l’erogazione di energia elettrica semplicemente agendo sull’organo di comando ( tasto o leva di chiusura).

Nella figura  è rappresentato l'inizio della fase d'intervento in caso di corto circuito: gli elementi fusibili, a causa dell'elevata corrente di corto circuito, stanno per raggiungere la temperatura di fusione (1083°C). 

Nella figura  si nota la fusione (interruzione del circuito) con la formazione dell'arco elettrico. 

L'arco elettrico ha una temperatura elevatissima (circa 2000°C) che determina la fusione della sabbia e di tutto l'elemento fusibile 

La sabbia fondendo, asporta calore e raffredda l'arco sino al suo completo spegnimento . 

I fusibili possono essere cilindrici o a coltello.
I fusibili per uso domestico sono solo del tipo cilindrico e vengono denominati fusibili tipo gF.
I fusibili per uso industriale possono essere cilindrici (sino a portate di 100 A) o a coltello (portate superiori a 100 A).
I fusibili industriali si possono dividere in due tipi fondamentali:
-tipo gl per la protezione delle linee
-tipo aM (accompagnamento motori) per la protezione dei motori elettrici.
Per portata o corrente nominale di un fusibi¬le si intende la corrente che il fusibile sopporta in modo continuativo senza subire deteriora¬menti e senza superare i limiti di riscaldamento previsti; un fusibile di portata 10A può essere percorso in modo continuativo da una corrente inferiore o uguale a 10A senza che si verifichi l'intervento (fusione), se però la corrente è superiore a 10A il fusibile interverrà in un tempo tanto minore quanto più è elevata la sovracorrente

I Rele

I relè sono dei dispositivi elettromeccanici , o, sempre più spesso, elettromeccanici-elettronici, largamente impiegati in ogni settore dell'impiantistica civile e industriale. Nella sua forma più semplice un relè è costituito (Fig. 1.94) da:
  - un circuito magnetico (nucleo)
  - una bobina
  - contatti di commutazione

La bobina può essere alimentata in corrente continua (relè a corrente continua) o in corrente alternata (relè a corrente alternata). Il carico comandato dal contatto può essere, in ogni caso, in corrente continua o in corrente alternata. Indicando con Pi la potenza necessaria per eccitare la bobina e con Pu la potenza del carico comandato dal contatto del relè, si ha: Pu >> Pi

cioè con una potenza piccola si riesce a comandare una potenza elevata; il relè, perciò, è un amplificatore elettromeccanico funzionante a tutto o niente 

La potenza necessaria per eccitare la bobina è, generalmente, di qualche W, mentre la potenza che si può comandare mediante il contatto può raggiungere anche migliaia di W (relè di potenza).
Nella figura è rappresentato un relè con bobina a corrente continua che comanda un carico a corrente continua.

Vi = 12  e Ii = 0,1 A
sono rispettivamente la tensione di alimentazione e la corrente assorbita dalla bobina.
Vu = 110 V, Iu = 10 A
sono rispettivamente la tensione di alimentazione e la corrente assorbita dal carico comandato dal relè.

La potenza di comando (potenza di eccita¬zione della bobina) è:
Pi = Vi x Ii = 12 x 0,1 = 1,2 W.
La potenza comandata dal contatto del relè è:
Pu = Vu x Iu = 110 x 10 = 1100 W.
Il guadagno di potenza del relè è:    Pu/Pi = 1100/1,2 = 917

Le caratteristiche fondamentali di un relè sono:
- la tensione di alimentazione della bobina VB;
- tensione commutabile dal contatto V c;
- corrente commutabile dal contatto (o corrente d'apertura) Ic;
- potenza massima commutabile dal contatto (per i carichi in c.c. coincide con il prodotto Vc x Ic)  Pc;
- tensione di attrazione V BA;
- tensione di rilascio V BR.
I relè vengono costruiti per tensioni di ali¬mentazione della bobina di: VB = 6, 12,24,48,110, 220 V sia alternata che continua.
Il buon funzionamento del relè è assicurato, generalmente, per tensioni di alimentazione della bobina comprese nell'intervallo:  (0,8 -- 1,1) VB ,

così, ad esempio, se un relè ha una tensione nominale di alimentazione della bobina:  VB = 24 V,  il buon funzionamento è assicurato per tensioni comprese nell'intervallo:   19,2  -  26,4 V.

La massima tensione commuta bile dal contatto è, generalmente: Vc = 250 V
in modo che il relè sia idoneo per comandare i carichi alimentati alla tensione di rete (V = 220 V -).

I relè di potenza presentano una tensione commutabile di 380 V e quindi la possibilità di comandare carichi trifase.
La corrente commutabile (corrente di apertura o potere d'interruzione) è la massima corrente che il contatto del relè è in grado d'interrompere senza che l'arco elettrico danneggi il relè stesso. lc risulta, ovviamente, tanto inferiore quanto più è elevata la tensione Vc del circuito comandato.

È importante distinguere la corrente termica dalla corrente di apertura; la corrente termica It è la corrente che può essere portata dal contatto in servizio continuo senza riscaldamenti eccessivi, la corrente di apertura è invece la corrente che il contatto è in grado d'interrompere senza che l'arco elettrico danneggi il relè.
Mentre la corrente termica è indipendente dalla tensione di lavoro e dal cos fi del carico, la corrente di apertura dipende sia da Vc che dal cos fi
I costruttori, spesso, indicano il massimo carico che il relè è in grado di comandare; così, ad esempio, i relè ciclici, per il comando di lampade, sono in grado, in genere, di comandare 800 W di lampade incandescenti o 360 W di lampade fluorescenti (tensione di alimentazione 220 V); se il relè ciclico deve comandare 12 tubi fluorescenti da 36 W (Ptot= 432 W), l'arco elettrico che si genera in fase di apertura del contatto è tale da danneggiare il relè dopo un numero limitato di manovre. 

Un relè di potenza di corrente nominale 30 A è in grado di coman¬dare un motore monofase a induzione (cos fi = 0,7) di potenza 1,5 kW (V = 220 V); se lo stesso relè viene impiegato per il comando di un motore di 2 k W, l'arco elettrico in fase di apertura danneggia il relè dopo un numero limitato di manovre.
I dati relativi ai carichi  massimi pilotati dai relè sono riportati nelle caratteristiche tecniche fornite dal costruttore da consultare sempre prima dell'impiego.
La tensione di attrazione VBA di un relè è la minima tensione che applicata alla bobina de¬termina l'attrazione dell'ancora e quindi la com¬mutazione dei contatti; indicando con VB la tensione nominale della bobina, la tensione di attrazione risulta in genere:  VBA = (0,6 - 0,8) x VB
così, ad esempio, se VB = 24 V, l'attrazione deve avvenire con una tensione compresa fra:
14,4  -- 19,2 V.
La tensione di rilascio VBR è la soglia di tensione al disotto della quale il relè rilascia, e, quindi i contatti ritornano nella posizione di riposo; a causa del magnetismo residuo la ten¬sione di rilascio, in genere, risulta: VBR = (0,2 - 0,5) x VB,
se ad esempio, VB = 24 V, il rilascio deve avvenire con tensioni comprese nell'intervallo: 4,8 - 12V.
In base al modo di funzionamento possono essere classificati come segue:
  -relè passo-passo (o ciclici)
  -relè monostabili

In un relè ciclico i contatti commutano ad ogni impulso che arriva alla bobina; se, per esempio, il contatto è aperto inviando un im¬pulso alla bobina il contatto si chiude e rimane chiuso anche quando l'impulso è terminato; un nuovo impulso di eccitazione determina l'apertura del contatto .

L'eccitazione della bobina determina il movimento verso l'alto della leva e la rotazione dell’albero a camme; la forma dell'albero è tale che ad ogni rotazione (e quindi ad ogni eccitazione della bobina) il contatto elettrico si apre: se  è chiuso o si chiude se è aperto. I vantaggi del relè ciclico rispetto ai tradizionali comandi  con devia tori e invertitori sono:
- maggiore semplicità circuitale (due conduttori di comando qualunque sia il numero dei posti di manovra),
- comandi in bassa tensione (12 o 24 V) e quindi maggiore sicurezza per le persone,
- impiego di pulsanti invece che deviatori e invertitori,

Il relè ciclico esiste nelle versioni:

- interruttore unipolare
- interruttore bipolare
- deviatore
- commutatore con sequenza a 4 passi (4 impulsi)
deviatore con sequenza a 4 passi (4 impulsi).

Dal punto di vista costruttivo i relè si differenziano notevolmente a seconda della corrente di eccitazione: continua o alternata. Nei relè a corrente continua il nucleo è costituito in ferro dolce o in speciali leghe ad alta permeabilità ma con basso magnetismo residuo in modo da evitare che il relè rimanga attratto anche con bobina diseccitata. Non essendoci flussi magnetici variabili il nucleo non è lamellato. Indicando con VB, RB rispettivamente la tensione di alimentazione e la resistenza della bobina, la corrente assorbita: IB = VB/RB  risulta uguale sia all'inizio della fase di attrazione (presenza del traferro) sia ad attrazione ultimata (traferro ridotto al minimo). La bobina deve fornire il numero di amperspire necessario per produrre la forza F richiesta per attrarre l'ancora a partire dalla posizione di massimo traferro; stabilito il prodotto N x IB  (amperspire), conviene, ovviamente, realizzare la bobina con molte spire in modo da limitare la corrente lB.
La corrente lB e la forza F risultano superiori al necessario una volta terminata la fase di attrazione. Per evitare che il relè rimanga attirato con bobina diseccitata e per aumentare la tensione di rilascio viene posto uno spessore di materiale diamagnetico fra il circuito magnetico e l'ancora  in modo da mantenere un traferro minimo ma non nullo ad ancora attirata.

Regolando la vite di regolazione si varia lo spessore del traferro e quindi il valore della tensione di rilascio. In ogni caso la tensione di rilascio non deve essere inferiore al 10% di VB (VB = tensione nominale di alimentazione della bobina) e non deve superare il 75% di VB:
(0,1 x VB) < VBR < (0,75 x VB),